mercoledì 27 dicembre 2006

// Il suo gioco era diverso da qualsiasi altro gioco avessero mai visto. Guardando fuori dalla finestra, sollevava le braccia, poi le bloccava bruscamente, si rizzava in piedi sulle gambe scarne, poi cadeva; si piegava e si alzava. Faceva strani rumori, una specie di scricchiolio con la gola. Cosa stava facendo? si chiesero gli assistenti sociali. Che razza di gioco poteva essere questo?
Poi guardarono fuori dalla finestra, dove erano in funzione alcune gru, che sollevavano travi maestre e travetti, o allungavano palle di demolizione sul loro unico braccio. Il bambino stava osservando la gru più vicina alla finestra. Quando questa si sollevava lui si sollevava; quando si piegava, lui si piegava; quando le sue marce stridevano, e il motore ronzava, il bambino produceva uno stridio con i denti, un ronzio con la lingua.
Lo portarono via. Lui gridò istericamente, e non si riuscì a calmarlo, tanta era la sua desolazione per essere separato dalla sua adorata gru. Anni dopo, Michel era un adolescente che viveva in un istituto speciale per handicappati. Si muoveva come una gru, faceva i rumori di una gru, e benché i dottori gli mostrassero molte fotografie e giocattoli, reagiva soltanto alle fotografie delle gru, giocava soltanto con delle gru giocattolo. Soltanto le gru lo rendevano felice. Divenne famoso come "il bambino-gru". E la domanda contro cui Jerene continuava a sbattere, leggendo l'articolo, era questa: che suono aveva? Che effetto faceva? Il linguaggio apparteneva a Michel soltanto; per lei era perduto per sempre. Come dovevano essere parse meravigliose e grandiose quelle gru a Michel, in confronto alle piccole e goffe creature che lo circondavano. Perchè, Jerene ne era convinta, ciascuno, a modo suo, trova ciò che deve amare, e lo ama; la finestra diventa uno specchio; qualunque sia la cosa che amiamo, è quella che noi siamo.// [
La lingua perduta delle gru, David Leavitt , Mondadori, 1987 ]

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